L’essenza del trasporto e della logistica, almeno rispetto a precise tipologie di merci, si coglie prima con i sensi che con il cervello. E tra i sensi a fare la parte del leone è sicuramente l’olfatto. Me ne rendo conto subito quando, in un’oretta di chiacchierata con Filomena Mezzomo, direttrice della logistica (oltre che titolare) della Ideal Trasporti Logistica (ITL), il termine «profumo» viene pronunciato almeno una decina di volte. In alcuni casi per descrivere un clima conviviale da respirare, in altri l’impatto fragrante che si sprigiona quando si apre un semirimorchio a temperatura controllata, in altri ancora per descrivere il valore aggiunto di un carico di piante aromatiche. D’altra parte qui siamo a Fondi, la cittadina in provincia di Latina in cui sorge uno dei principali mercati ortofrutticoli italiani ed europei. E allora deve essere normale per chi trascorre tanto tempo a stretto contatto con frutta e verdura fresche sviluppare un odorato speciale e riuscire a scandire il tempo che passa in relazione ai profumi e ai colori dei prodotti che ti transitano davanti. Poi, però, queste merci vanno movimentate. E spesso trasportare frutta e verdura – ci si passi la rima – può diventare una gara dura. Perché, come ci spiega Mezzomo, «in questo tipo di segmento ci possono entrare tutti e, purtroppo, non sempre il committente seleziona in base alla qualità». Di conseguenza si corre il rischio di trovarsi nelle secche di un paradosso: «Chi opera nel rispetto di tutte le regole viene messo fuori mercato da chi le aggira risparmiando sui costi». Per scongiurare questo rischio bisogna trovare chi apprezza la puntualità del servizio, l’opportunità di sapere in ogni momento la posizione della merce, la capacità di trovare una soluzione a ogni problematica logistica e di organizzare i carichi nel migliore dei modi possibili, come riesce a fare in azienda Dario Tullio. Ma soprattutto – sottolinea Mezzomo quasi aprendo i polmoni – bisogna trovare clienti che apprezzano quella sensazione di fresco nel momento in cui ricevono la merce e comprendono che se una zucchina con il fiore è arrivata a destinazione così come era partita è soltanto perché ha viaggiato alla giusta temperatura». Così, consapevoli che non sempre è agevole la ricerca dei “giusti” committenti, poco più di cinque anni fa alla ITL hanno diversificato andando a battere anche un’altra strada alla ricerca di concorrenza al massimo ribasso e di margini con percentuali dignitose. Questa strada ha condotto alla movimentazione di piante ornamentali e aromatiche, un mercato reso vivace da una domanda che si muove soprattutto in direzione Sud-Nord, per giungere in Francia, Germania, Austria e Svizzera. Per soddisfarla, però, non è concesso errore. «Perché – come spiega con efficacia Filomena – se una zucchina è gestita male, cambia aspetto in modo più o meno visibile. La pianta, invece, è viva: se la tratti male può anche morire e a quel punto hai finito di lavorare». Cosa vuol dire «trattare male una pianta»? «Diciamo piuttosto che trattarla bene – puntualizza Mezzomo – significa tenerla a una temperatura di 12 gradi, garantirle una ventilazione adeguata, farle prendere luce non appena si può. E anche questo è un dettaglio da tenere in considerazione: se arrivi allo scarico e c’è da attendere, bisogna comunque aprire le porte e far entrare la luce nel semirimorchio». Oltre alle attenzioni alla merce-pianta, ci sono quelle legate alla movimentazione. Il carrello di piante, infatti, può anche essere scaricato dal solo autista sistemando il carrello sulla sponda. «Ma, come ripeto sempre ai miei conducenti – sottolinea Filomena – bisogna sempre ricordare che “il carrello ha le ruote”: si muove e quindi va posizionato e gestito con attenzione. Anche perché fino a quando non tocca terra rimane sotto la responsabilità del vettore». Ulteriori difficoltà sono legate all’andamento incostante del mercato. Perché, com’è ovvio, le piante seguono una stagionalità e il loro trasporto quindi segue un picco che inizia a febbraio e termina a giugno. Come lo si fronteggia? «All’inizio – confessa Mezzomo – abbiamo cercato di cadenzare l’attività di conseguenza e di assumere personale stagionale. Poi però ci siamo resi subito conto che, in un’attività logistica che richiede particolari attenzioni, non si può sperperare dopo pochi mesi un investimento formativo per poi formare nuovamente altre persone dopo non molto tempo. In questo modo il rischio di commettere errori e di perdere la credibilità dei clienti diventava troppo alto. Allora abbiamo preferito tenere sempre le stesse persone, coinvolgendole anche in altre attività di trasporto. Alla fine il messaggio è passato: tutti riconoscono il privilegio di conservare il lavoro, sono più gratificati e quindi lavorano meglio. Mi piace quando nuovi dipendenti, appena entrati in azienda, confessano agli altri che “sentono nell’aria il profumo di famiglia”. Così come mi provoca soddisfazione pensare che ci siano autisti che lavorano con noi da più di vent’anni». Ma ovviamente la motivazione delle persone va integrata e supportata con altri fattori. Innanzi tutto con la tecnologia. Quella che prende le forme dei sistemi di localizzazione satellitare, «fondamentali in un’attività come la nostra – specifica Mezzomo – in cui per un carico arrivi a fare anche 24 consegne. Nel corso di questi step è molto utile consentire al proprietario delle piante di visualizzare in ogni momento il punto esatto in cui si trovano». O anche quella espressa dalle borse carichi come TimoCom, decisive per trovare un viaggio di ritorno dall’estero quando non lo si trova tramite i propri canali aziendali. A dare però una forte spinta alla produttività dei singoli viaggi è stata un’attenta valutazione delle attrezzature. Prendiamo per esempio il semirimorchio. Quello per trasportare piante può presentare pareti più sottili rispetto a quello che si utilizza in altri settori. In questo modo, guadagnando qualche centimetro di spazio si riescono a caricare 43 carrelli invece che 38. Quindi, il primo investimento messo in cantiere dall’azienda laziale è stato quello di dotarsi di questi trailer a più elevata capacità di carico. Dopodiché c’è il problema di riportali indietro questi carrelli, anche perché spesso appartengono al committente. Ma 43 carrelli disseminati nel vano di carico, per quanto smontati e compattati alla fine rubano comunque volume utile. Ecco perché alla ITL hanno pensato bene di farsi costruire direttamente dal costruttore del frigo (Lamberet) uno speciale portacarrelli, sufficiente a contenerli tutti e quindi a liberare lo spazio di carico. Alla fine, grazie a questi accorgimenti e alle tante attenzioni ricordate, ITL è riuscita – come sottolinea con soddisfazione Mezzomo – «ad avere sempre qualche nuovo cliente ogni anno». I margini come detto sono migliorati e il fatturato, un passo dopo l’altro ha superato i 4,5 milioni di euro all’anno. Perché sarà pur vero – come dicevano gli antichi romani – che «pecunia non olet», che cioè il «denaro non ha odore» né tanto meno profumo. Però, alla fine, non è stato ancora inventato il lavoro che ne può fare a meno.